Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4

Il Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna.
Un Artista mai scontato

Roberto Chiesi
[Responsabile del Centro Studi - Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna]

L’archivio cartaceo, giornalistico, fotografico, audiovisivo e audio del Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini è conservato presso la Fondazione Cineteca di Bologna dal 2003, in seguito alla donazione al Comune di Bologna da parte di Laura Betti (1927-2004) che aveva diretto l’Associazione “Fondo Pier Paolo Pasolini” (da cui il Centro Studi deriva) fin dalla sua fondazione nel 1980. Ma la sua storia inizia prima ancora ed è legata alla tragica scomparsa dello scrittore e regista. Com’è noto, nella notte fra il 1 e il 2 novembre del 1975 Pasolini venne assassinato in circostanze che non sono state ancora chiarite in modo inequivocabile. Come ha dichiarato la stessa Betti, amica di lunga data e interprete del teatro, del cinema e delle canzoni del poeta-regista:

Il Fondo nasce come conseguenza di una battaglia politica che abbiamo fatto su tutti i fronti italiani, [...] dopo il processo del ’77 ( 1) che voleva inchiodare Pier Paolo come responsabile del suo stesso assassinio. Questo era. Un processo che scoppiò e che veniva da cani ululanti. Cani. Cani. Eravamo circondati da cani con denti lunghi, brutte zanne.
C’era un gaudio generale e la ferma decisione di rinchiudere Pier Paolo, a mo’ di esempio futuro e per sempre, di quella che è la comune definizione della morte scontata di un omosessuale. Noi, io per prima, ci siamo attenuti alla sentenza del processo di primo grado. ( 2) Un processo molto chiaro, perché è l’unico che si sia rifatto alle prove. Le prove, sai: certi segni che non possono essere stati causati da pezzi di legno, ma da catene...
Le prove. Quel processo era l’unico che avesse descritto cosa era successo sul corpo di Pier Paolo. E sul corpo di Pier Paolo erano passate diverse mani, diverse persone…
[...] Facemmo sessanta dibattiti organizzati in ogni parte d’Italia, stampammo un libro, Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte. ( 3) Da quest’esperienza ricavammo molto materiale. A quel punto, arrivò una proposta dell’Istituto Gramsci [di Roma] di far nascere un’associazione e un archivio. L’archivio nacque quindi in seno al Gramsci. Ne diventò indipendente nel 1983. Dopo il 1983 è iniziata una lotta molto dura, molto forte, perché nel profondo della società italiana era radicata la volontà di non permettere a Pasolini di rivedere il sole nemmeno con la sua opera, con la sua creatività. C’era un perfetto silenzio contro Pier Paolo.” ( 4)

Come altri intimi di Pasolini, Laura Betti era persuasa che dietro il suo omicidio si nascondesse un complotto. Questa convinzione la indusse ad intraprendere un’attività di ingente raccolta degli articoli di giornale e, successivamente, delle copie degli atti processuali (raccolta resa possibile grazie all’apporto di Guido Calvi, all’epoca avvocato di parte civile della famiglia Pasolini nel processo per l’omicidio), oltre che di ogni tipologia di documento utile a dimostrare che lo scrittore avesse subìto una vera e propria persecuzione (giudiziaria e giornalistica ma non solo), cominciata nel 1949 in Friuli (con un processo che lo costrinse a trasferirsi a Roma) e proseguita con oltre trenta procedimenti giudiziari che investirono la sua persona e la sua opera, fra i quali può essere considerato emblematicamente grottesco, in particolare, il processo per tentata rapina ai danni di un benzinaio di San Felice del Circeo, che, secondo l’accusa, Pasolini avrebbe aggredito “con una pistola d’oro, carica con pallottole d’oro”. Una persecuzione che, secondo la Betti, avrebbe creato le condizioni “favorevoli” a pianificare un delitto con la convinzione che questo avrebbe potuto beneficiare di una certa “impunità”.

Questa fu l’origine, il primo nucleo da cui nacque l’archivio Pier Paolo Pasolini: non, quindi, l’archivio privato dello scrittore ma una raccolta di documentazione inizialmente legata ad un tema specifico: la cronaca processuale e la denigrazione a mezzo stampa che lo scrittore subì, dall’epoca in cui raggiunse la celebrità con i romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, editi entrambi da Garzanti, rispettivamente nel 1955 e nel 1959. Questa documentazione confluì nel volume già citato, Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, curato dalla stessa Betti con l’apporto, fra gli altri, di Fernando Bandini, Dario Bellezza, Tullio De Mauro, Giancarlo Ferretti, Franco Fortini, Francesco Leonetti, Alberto Moravia, Renzo Paris, Carla e Stefano Rodotà, Gianni Scalia, Enzo Siciliano, Paolo Volponi e Andrea Zanzotto.
Il 26 aprile del 1979 la Corte di Cassazione emise una sentenza che cancellava il “concorso di ignoti” nel delitto Pasolini, citato in quella di primo grado del 26 aprile del 1976 e di conseguenza sconfessava la denuncia di chi, come la Betti, da anni chiedeva che venissero avviate delle indagini per individuare i presunti “mandanti” dell’omicidio.
Fu probabilmente anche in reazione a tale sentenza che l’attrice decise, a quel punto, di costituire un archivio dedicato alla figura e all’opera dello scrittore-regista che svolgesse anche un’attività editoriale e culturale per diffonderne l’opera. Nel 1980 la stessa Betti fondò l’Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini che si giovò dell’apporto di intellettuali e scrittori vicini al poeta (in parte gli stessi che avevano collaborato al volume) e di volontari che setacciarono archivi e biblioteche per riunire una bibliografia internazionale comprendente tutti i testi pubblicati da Pasolini a partire dalle giovanili pubblicazioni friulane e comprese le interviste concesse a quotidiani, settimanali e rotocalchi, nonché i saggi e gli articoli pubblicati in tutto il mondo sulla figura e l’arte pasoliniana.

Una particolarità di questo lavoro di ricerca e raccolta fu la spregiudicatezza del metodo adottato: per quanto riguarda gli scritti su Pasolini non furono riuniti soltanto i saggi scientifici o i testi di carattere critico e culturale ma anche gli articoli pubblicati su giornali e opuscoli di livello deteriore. Questo materiale, ordinato cronologicamente, offre al lettore una visione indiscriminata e completa del “fenomeno” che l’opera di Pasolini (e il suo stesso “personaggio”) ha rappresentato nella società del suo tempo e anche negli anni successivi, dato che la raccolta continuò e continua tuttora, secondo le medesime modalità.
Tale rassegna-stampa, che raggiunse subito dimensioni imponenti (già negli anni ‘80 comprendeva alcune migliaia di articoli e attualmente supera le trentamila unità), consente al lettore di ricostruire anche tramite le cronache giornalistiche della stampa quotidiana, il clima culturale e sociale in cui Pasolini operò, spesso in contrapposizione con la società del suo tempo.
Alla raccolta di articoli, si aggiunse parallelamente quella delle diverse edizioni dei libri di Pasolini e dei saggi monografici e non, che lo riguardavano, sia italiani che stranieri, così da costituire la più completa biblioteca specializzata internazionale dedicata all’autore di Poesia in forma di rosa.
Una ricerca capillare fu anche quella che impegnò la Betti stessa e i suoi collaboratori per reperire le rare riviste friulane della seconda metà degli anni ‘40 cui Pasolini collaborava, cui si aggiunse anche la collezione completa di quelle da lui dirette negli anni romani (la bolognese “Officina” e la romana “Nuovi argomenti”).

L’archivio comprende anche una sezione di dattiloscritti e manoscritti originali. Nel caso delle poesie de L’usignolo della Chiesa Cattolica – trentatré fogli dattiloscritti – si tratta di una redazione risalente agli anni giovanili (1943-1946) che Pasolini diede alle stampe soltanto nel 1958. Questa stesura fu donata a Laura Betti dal poeta Attilio Bertolucci. Un altro originale dattiloscritto di grande valore è quello, con correzioni autografe, di Bestemmia (1967), un originale esperimento di sceneggiatura cinematografica in versi che Pasolini scrisse per un progetto filmico mai realizzato e a cui lavorò per oltre tre anni. La documentazione relativa all’opera cinematografica comprende inoltre un corpus di materiali di grande interesse filologico: sei copioni originali donati al Centro Studi Pasolini nel 2005 da Beatrice Banfi, segretaria di edizione e collaboratrice del poeta-regista, relativi ad altrettanti suoi film, da Porcile (1969) a Medea (1969), da Il Decameron (1971) a I racconti di Canterbury (1972), da Il fiore delle Mille e una notte (1974) a Salò o 120 giornate di Sodoma (1975), in alcuni casi con appunti, pagine scritte a mano o dattiloscritte dallo stesso Pasolini. Di particolare importanza il copione di Salò, perché del film il regista non scrisse mai una sceneggiatura vera e propria ma vi lavorò come ad un work in progress.

In anni recenti (2017), grazie ad una donazione dell'editore Italo Bovolenta, l'archivio del Centro Studi si è arricchito di un testo prezioso: il dattiloscritto originale e inedito, finora ritenuto perduto, della sceneggiatura scritta da Giorgio Bassani e Pasolini per Il prigioniero della montagna (1955), progetto che nella versione realizzata dal regista Luis Trenker si allontanò in modo significativo dal testo dei due scrittori, tanto da indurli a pubblicare una lettera dove si dissociavano entrambi dal film.
Fra i testi inediti di Pasolini per il cinema, è conservato dall'archivio di Bologna anche il dattiloscritto originale con correzioni autografe di Storie scellerate (1973) che il poeta-regista scrisse per aiutare l'amico e suo “lessico vivente romanesco” Sergio Citti (1933-2005). Citti, che proveniva dal sottoproletariato romano, si è affermato negli anni '70 come uno dei cineasti italiani più singolari e originali con film quali Ostia (1970), Casotto (1977) e Due pezzi di pane (1979). Il suo archivio, che comprende numerosi copioni di progetti non realizzati (ideati con lo scrittore Vincenzo Cerami e il giornalista e cineasta David Grieco), non costituisce una mera integrazione di quello pasoliniano ma rispecchia la singolarità del talento di Citti che “porta da un mondo sottoproletario, imparlabile dalla cultura borghese, alcuni lacerti di sentimenti allo stato puro”. ( 5) Altrettanto anomalo ed estroso l'archivio di Laura Betti giunto alla Cineteca di Bologna dopo la morte dell'attrice (avvenuta nell'agosto del 2004). Il suo fondo comprende un epistolario di singolare valore (in particolare le lettere di Franco Fortini, Leonardo Sciascia, Paolo Volponi e Andrea Zanzotto), copioni per spettacoli teatrali (come il famoso Una disperata vitalità, basato su un originale ordito di poesie pasoliniane), sceneggiature radiofoniche e cinematografiche e i testi originali di un romanzo autobiografico, Teta Veleta (pubblicato da Garzanti nel 1979), nonché fotografie della vita privata e delle interpretazioni musicali, teatrali e cinematografiche della grande attrice bolognese.

Dall'autunno del 2018 gli inventari degli archivi Pasolini, Sergio Citti e Laura Betti sono consultabili online grazie al progetto sostenuto e curato dall’IBC, Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna.

 

1. Sentenza della Corte di Cassazione del 26 aprile 1977 che escludeva il concorso di “ignoti” nell’omicidio di Pasolini.

2. Sentenza del tribunale dei minori di Roma del 26 aprile 1976 che dichiarava Giuseppe Pelosi “colpevole del delitto di omicidio volontario in concorso con ignoti”.

3. A cura di Laura Betti, Garzanti, Milano, 1977.

4. “Avevo una doppia vita”. Intervista a Laura Betti, in Laura Betti, illuminata di nero, a cura di Roberto Chiesi, “Cineteca speciale”, Cineteca di Bologna, Bologna, ottobre 2005, pag. 4.

5. Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti non è un “naif”, risvolto di copertina del volume Un film di Sergio Citti “Ostia”, Garzanti, Milano, 1970.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it