Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

Al MAMbo una articolata mostra racconta l’arte in Russia tra il 1905 e il 1917.
Una nazione capovolta

Claudia Collina
[IBC]

Non è semplice riflettere in un’esposizione il climax, la multiformità di eventi storici, politici, sociali, culturali e artistici, innescati dalle rivoluzioni russe del 1905 e 1917; tanta articolata complessità, necessita di un viatico, di un pensiero razionalizzatore di tutto ciò che avvenne in Russia, tra l’ultimo quarto dell’800 e il primo del’900. Questo ci viene offerto dallo storico Eric J. Hobsbawm in alcuni dei suoi saggi fondamentali sulla cultura: “non c’è nessun legame logico tra le avanguardie artistiche e culturali europee iniziate intorno al 1880 e i partiti di estrema sinistra del XIX e XX secolo, sebbene entrambi fossero rappresentativi di ‘progresso’ e di ‘modernità’ ed entrambi fossero transnazionali per aspirazioni, forza e flusso” ( 1), inoltre “l’arte è stata usata per rafforzare il potere dei governanti e degli Stati sin dai tempi degli antichi egizi, benché la relazione tra arte e potere non sia sempre stata facile […] I regimi della destra politica, che presero il potere ovunque tranne che in Russia, erano in linea di principio ostili alla democrazia. Il comunismo, sempre confinato alla Russia, pretendeva di essere democratico in teoria e nomenclatura, ma in pratica si trattava di una dittatura illimitata.” ( 2)

Evgenija Petrova è vice direttrice del Museo Russo di Stato di San Pietroburgo e curatrice della mostra al MAMbo di Bologna Revolutija. Da Chagall a Malevič da Repin a Kandinskij: Capolavori dal Museo di Stato Russo, San Pietroburgo. Da fine specialista della materia, la curatrice è consapevole della rete articolata di rapporti, sviluppi e “dipendenze” da ricercare sottotraccia per far emergere la realtà, e disegna con successo quello che fu il duplice capovolgimento di una nazione e le sue conseguenze sull’arte d’avanguardia russa ed europea.

Un rapporto osmotico, quello tra arte e politica, nato nell’ultimo ventennio dell’Ottocento quando i nuovi socialdemocratici marxisti e la sinistra radicale guardavano con simpatia alla nascita dei primi movimenti artistici d’avanguardia, Simbolismo, Art Nouveau e Postimpressionismo, i cui esponenti, al di là dell’aspetto stilistico e poetico, si coinvolgevano in dichiarazioni e contenuti di tipo sociale dedicati a mettere in luce i diritti civili di bisognosi ed oppressi; ne è esempio Il’ja Repin che con il 17 ottobre 1905 apre la mostra Revolutija con la sua pittura icastica, piena “di pazzia, colori e beatitudine” nella narrazione della reazione del popolo di ogni ceto alla promulgazione del “Manifesto di perfezionamento dell'ordine pubblico” dello Zar Nicola II e il conferimento dei poteri legislativi alla Duma di Stato.

In particolare, l’arte in Russia tra le due rivoluzioni del 1905 e del 1917, è un susseguirsi e sovrapporsi di flussi, personalità, correnti artistiche radicali e sovversive rispetto al passato, che segnano la momentanea fine della tradizione figurativa quale rappresentazione della civiltà borghese, che l’aveva tanto amata nel secolo precedente; e l’ascesa delle nuove avanguardie a Parigi, Monaco, Milano, che aveva portato il diffondersi di istanze transnazionali di modernità e rivoluzione, a cui la Russia si univa con una grande partecipazione di artisti, nuove poetiche, ricerche e stili.

Sotto le etichette delle correnti (cubismo, futurismo, cubofuturismo, raggismo, suprematismo etc.) questi innovatori furono radicali e sovversivi nella loro visione dell’arte e, in particolare in Russia, pervasi da tensioni cosmiche e mistiche. Dopo il 1906, gli artisti russi poterono viaggiare e soggiornare in Europa e, altrettanto, molti artisti occidentali erano invitati alle grandi esposizioni di Mosca e San Pietroburgo, tutti partecipi delle istanze di modernità che avvolsero come in un manto la cultura artistica europea del primo decennio del XX secolo.

Sono fatti noti, ma Claudio Spadoni ne dà un efficace saggio in catalogo, in particolare mettendo in luce l’importanza, per le avanguardie russe, del Futurismo marinettiano, dell’espressionismo tedesco di Die Brücke, del fauvismo e del cubismo francesi e del dadaismo nato in Svizzera e in breve espanso anche oltreoceano. Tutti movimenti volti a decostruire o azzerare l’arte, che trovano analoga motivazione nella pittura espressionista-cubista di Natan Alt’man, in mostra con lo straordinario Ritratto di Anna Achmatova, in quella esiziale e chiaroveggente di Pavel Filonov, in quella fiabesca e fauve di Marc Chagall, nell’astrattismo musicale di Vasilij Vasil'evič Kandinskij, nel primitivismo fauve di Il'ja Maškov, in mostra con Autoritratto con Koncalovskij, nel raggismo primitivista e arcaico di Nata’ja Gončarova e Michail Larionov, nel costruttivismo di VladimirTatlin e nelSuprematismo di Kazimir Malevič, Ljubov’ Popova, Ol’ga Rozanova e Aleksandr Rodčenko.

Decostruzioni e azzeramenti di una rappresentazione del mondo e delle sue tradizioni quali segni premonitori dell’effettiva distruzione perpetrata dalla Grande Guerra e dalla Rivoluzione russa del 1917, con il nuovo governo sovietico: l’abdicazione al trono dello zar Nicola II e della famiglia reale, lo scioglimento della Duma di Stato, la creazione del Soviet di Mosca dei deputati operai e l’instaurazione al potere del paese; e a cui si aggiunse la Guerra civile (1918-21) che portò ulteriore devastazione e sofferenza. E se nel 1905 l’idea dell’unità del popolo unito contro la borghesia era stato “una sinfonia polivocale” che lasciava sperare un futuro migliore al proletariato, la Rivoluzione del 1917 impose drasticamente condizioni politiche nuove ma deludenti, accompagnate dalla fame, dalle malattie e dal freddo, come testimoniano i dipinti di Aleksandr Drevin e Boris Kustodiev.

Gli artisti reagirono e, dal 1917 al 1922, le avanguardie dell’Europa centrale e orientale aumentarono la fitta rete transnazionale di relazioni e, confluendo nella sinistra rivoluzionaria, posizionarono i suoi esponenti russi in una situazione di potere e influenza, guardati con occhio benevolo dal nuovo commissario del popolo per l’Istruzione, Anatolij Lunačarskij. Chagall, Malevič e Lissitskij erano alla direzione di scuole d’arte, l’architetto Tatlin e il regista teatrale Mejerchol’d in dipartimenti ministeriali per le arti. I futuristi costruttivisti (Tatlin, Rodčenko, Popova, Stepanova, El Lissitskij, Naum Gabo, Pevsner) perseguivano nella loro poetica sperimentale l’assioma del poeta Brik “Chiunque dovrebbe essere un artista. Qualunque cosa può diventare arte”, esercitando una grande influenza anche sul neonato cinema (Ejzenštejn) e il teatro (Mejerchol’d), con uno straordinario impatto sul resto del mondo; mentre dalla costola del Suprematismo germogliava la non-oggettività e il tramonto della pittura da cavalletto e del realismo, in particolare per Malevič e gli apologeti dell’arte spiritualmente pura e radicalmente rivoluzionaria come Naum Gabo e Anton Pevsner. Come sottolinea incisivamente la Petrova, “Malevič, rifiutando qualsiasi realismo, trovò una sua lingua di espressione, che non assomigliava a nessun’altra ed era capace di incarnare in modo nuovo i temi eterni”. ( 3)

Nel 1924 moriva Lenin ed era eletto Stalin a capo dello Stato sovietico, di conseguenza veniva dato inizio alla formazione dell’URSS e all’industrializzazione del paese. Stalin coartò gli artisti al suo potere e il realismo socialista divenne l’espressione artistica obbligatoria che pose fine agli sviluppi culturali dell’avanguardia. Malevič tacque, Tatlin si ritirò nel teatro, Lissitskij e Rodčenko si rifugiarono nel fotogiornale “Urss in costruzione”.

“Nel 1932 lavori sia di carattere figurativo che non-oggettivo appartenenti alla mano di Malevič, Filonov e molti altri pittori furono raccolti per l’ultima volta insieme nelle sale del Museo Russo in una mostra dedicata al XV anniversario del potere sovietico. Dopo questa esposizione grandiosa, che presentò la varietà e la ricchezza dell’arte figurativa russo-sovietica, le porte di altre mostre rimasero chiuse per un lungo periodo per coloro che non condividevano del tutto l’ideologia e la stilistica del realismo socialista […] tutto ciò che non corrispondeva ai principi del realismo socialista non aveva diritto di essere presentato ufficialmente a spettatori, lettori, ascoltatori.”( 4)

Revolutija è una mostra rara e imperdibile, che finalmente fa luce con obiettività sulla relazione tra l’arte e il potere politico in Russia, sulla parabola dell’avanguardia artistica di questo paese lungo l’arco di ventisette anni, difficili, vari e scardinanti; e consente la fruizione in Italia di capolavori straordinari provenienti dal Museo di Stato Russo a San Pietroburgo offrendo la conoscenza di artisti russi di sorprendente qualità, al di là dei più famosi già citati.

Evgenija Petrova e Joseph Kiblitsky hanno sapientemente dispiegato l’ordinamento dell’esposizione e la cura del catalogo, senza tralasciare alcun dettaglio, che risultano dinamici e articolati tra opere d’arte, documenti storici, letterari, fotografici e teatrali (magica la mise en scene della ricostruzione filologica dello spettacolo teatrale del 1913 Vittoria sul Sole dei poeti Velimir Chlebnikov e Aleksej Kručënych, con musica cacofonica di Michail Matjušin e i costumi di Kazimir Malevič); e avvalendosi di un eccellente insieme di autori tra cui, oltre i sunnominati, scrivono Marco A. Bazzocchi e Antonio Calabrò.

Una sola nota dolente: gli allestimenti inadeguati rendono il percorso espositivo poco fluido, ma non spengono l’aura dei capolavori in mostra.

Mostra: Revolutija. Da Chagall a Malevič da Repin a Kandinskij: Capolavori dal Museo di Stato Russo, San Pietroburgo, Mambo, Museo d’arte moderna di Bologna, 12 dicembre 2017-13 maggio 2018

Catalogo: Revolutija. Da Chagall a Malevič da Repin a Kandinskij: Capolavori dal Museo di Stato Russo, San Pietroburgo, a cura di Evgenija Petrova, Joseph Kiblitsky Milano Skira, 2017, pp. 232, foto b/n e colori.

Note

1 E.J. Hobsbawm, Arte e rivoluzione in La fine della cultura. Saggio su un secolo in crisi d’identità, Milano, Rizzoli Bur (I Ed 2013), 2015, p. 233.

2 E.J. Hobsbawm, Arte e potere in La fine della cultura.cit., p. 239.

3 Evgenija Petrova, La rivoluzione è un atto di concezione di forme creative, che maturano nel corso di decenni, in Revolutija. Da Chagall a Malevič da Repin a Kandinskij: Capolavori dal Museo di Stato Russo, San Pietroburgo, Milano, Skira, 2017, p. 26.

4 Evgenija Petrova, idem, p. 30.

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