Rivista "IBC" XXV, 2017, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne

La Collezione Giovanardi esposta a Palazzo Fava a Bologna propone capolavori del Novecento italiano.
Passioni di famiglia

Claudia Collina
[IBC]

La visita a questa mostra si culla nella memoria di una giornata speciale, straordinaria, perché non è occasione di tutti i giorni percorrere le sale di Palazzo Fava tra i capolavori del Novecento della Collezione Giovanardi, incastonati nel longhiano “romanzo storico” affrescato dai Carracci, in compagnia di una delle massime autorità della storia dell’arte contemporanea Enrico Crispolti, il cui fine pensiero e illuminante sapere mi hanno aperto a folgoranti prospettive di lettura.

L'esposizione, curata con maestria storico artistica e critica da Silvia Evangelisti, traccia i mutamenti artistici e l’intreccio di correnti poetiche che segnarono l’Italia dal ‘ritorno all’ordine’ di Novecento sino all’astrattismo concreto, con opere dei più grandi artisti della scena nazionale, collezionate con passione da Augusto e Francesca Giovanardi; il loro raffinato gusto e la loro personale incidenza emotiva nella creazione dell’originale raccolta emergono sotto diversi punti di vista sia nella mostra che nel catalogo, negli interventi di autori come Cristiana Curti Aspesi, Gabriella Belli, Roberta Cremoncini, Paola Giovanardi Rossi, Fabio Roversi Monaco, Leone Sibani.  

La Collezione Giovanardi a Bologna, per citare le parole della curatrice, è stata ordinata “in macrotemi individuati all’interno della raccolta: il rapporto tra Osvaldo Licini e Giorgio Morandi, pittori amatissimi da Giovanardi; la passione per la pittura ‘costruttiva’ di artisti come Sironi, Campigli e Carrà, e l’apertura verso il linguaggio meno formalmente definito di artisti che, alla fine degli anni Trenta, sentirono come la solidità dei volumi e la fermezza delle forme stesse perdendo forza, quasi presentendo una mutazione dei tempi che, di lì a poco, avrebbe dato vita alla pittura informale” ( 1), per spaziare, “oltre la forma”, nella realtà trasognata dipinta da Arturo Tosi, Ottone Rosai, Mario Mafai, Filippo de Pisis, Pio Semenghini, Cesare Breviglieri, sino ad arrivare alla pura astrazione geometrica di Mauro Reggiani; e si suddivide tra i generi della natura morta e del paesaggio, lirico e urbano.

Giulio Carlo Argan scriveva che “l’arte, in sostanza, è la grande responsabile della cultura che si fonda, organizza e sviluppa attraverso l’esperienza della percezione ed i collegati processi dell’immaginazione. La percezione segna sempre e soltanto il tempo presente” ( 2); e, dopo la lettura affascinante degli affettuosi e intensi ricordi di Paola Giovanardi e Cristiana Curti, mi figuro che le stanze della casa milanese, con le pareti coperte di quadri dal pavimento al soffitto, avessero proprio la funzione descritta da Argan e segnare, per chi le abitava, il tempo presente della poesia dell’esistenza.

“L’agire artistico è un agire secondo un progetto […] ed il progetto è una finalità che, realizzandosi nel presente, assicura all’azione un valore permanente, storico. Il rapporto esperienza-progetto riflette il rapporto memoria-immaginazione” ( 3) che sottende tutti i dipinti della collezione ma che deroga straordinariamente, come mi faceva notare Crispolti, nel geniale Paesaggio del 1928 di Giorgio Morandi dove pittura e immaginazione non sono più il riflesso a posteriori l’una dell’altra, ma coincidono in un unico aprico istante presente della mente.

Una collezione straordinaria costruita con cura e amorevolezza, peculiarità trasmesse anche nella gestione della raccolta da parte delle eredi che, con saggezza, hanno tratto tutti i benefici dalla tutela statale, che ne garantisce l’unicità e l’indivisibilità, nelle attività di prestito per la parziale o intera fruizione a musei di eccellenza. Ciò come accade sin dal 1997: dal Museo delle Albere a Trento al MART di Rovereto, dalla Estorick Collection di Londra a Palazzo Fava di Bologna, sempre con l’intento della diffusione e della conoscenza di uno degli spaccati più preziosi dell’arte italiana del Novecento, e della conservazione della memoria di Augusto e Francesca Giovanardi e del loro progetto collezionistico; una storia che, inizialmente partita dall’interesse per la pittura italiana del secondo Ottocento, giungeva poi a distillarsi, con gusto squisito e consapevole, sulle proposte culturali della scena artistica milanese dell’immediato secondo dopoguerra.

La rappresentazione figurativa del rapporto memoria-immaginazione è omologa a quella della narrazione letteraria e un’opera d’arte, ricordava Ezio Raimondi, è come un testo e “un testo, per definizione, è aperto a contesti sempre rinnovati perché si offre a sempre nuovi lettori, i quali sono i mediatori fra una vita nuova e una vita antica. Com’è infatti possibile vedere in alcuni grandi esercizi critici, il testo viene interrogato a partire dall’ansia del presente, ritrovando ‘là’, nella sua origine, qualche elemento del ‘qui’, così che attraverso di esso diventa possibile dare un senso nuovo al nostro ‘qui”, ( 4) a Palazzo Fava e alle future letture della splendida Collezione Giovanardi in itinere.

Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi, a cura di Silvia Evangelisti, Bologna, Bononia University Press, 2017, pp. 201.

1 Silvia Evangelisti, Costruire il Novecento in una collezione, in Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi, Bologna, Bononia University Press, 2017, p. 9.

2 Giulio Carlo Argan, La storia dell’arte, in Studi in onore di Giulio Carlo Argan, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia Editrice, 1994, p. 15.

3 Ibidem, p. 14.

4 E. Raimondi, Novecento e dopo. Considerazioni su un secolo di letteratura, Roma, Carocci, 2003, p. 11.

 

 

 

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