Rivista "IBC" XX, 2012, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi

A cinquant'anni dalla memorabile indagine sul paesaggio agrario italiano, la lezione di Emilio Sereni rimane attuale e continua a illuminare.
La campagna secondo Sereni

Stefano Piastra
[docente di Geografia umana all'Università di Bologna]

Se il 2011 ha visto l'interesse del grande pubblico catalizzarsi verso le celebrazioni per i 150 anni dall'Unità d'Italia, allo stesso tempo esso è stato segnato da un anniversario fondamentale per gli studi storico-geografici, ovvero i 50 anni dalla pubblicazione della Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni, edita da Laterza nel 1961. Si tratta di un'opera di sintesi probabilmente insuperata, di cui è superfluo sottolineare il valore: a lungo lettura fondamentale nei corsi universitari, ancora ristampata (è giunta a oggi alla sedicesima edizione), oggetto di una traduzione francese e, in tempi più recenti, di una traduzione inglese,1 è tuttora ampiamente citata sia nella letteratura scientifica italiana, che in quella internazionale, anche recentissima.2

In occasione di questo cinquantenario, l'Istituto Alcide Cervi, Biblioteca-Archivio Emilio Sereni di Gattatico (Reggio Emilia), custode del patrimonio sereniano, ha organizzato una nutrita serie di eventi per ricordare la figura dello studioso (1907-1977), legato all'Emilia-Romagna da un rapporto particolare, scientifico quanto "elettivo": seguendo il suo ben noto approccio marxiano, egli individuava infatti in tale regione, grazie alla diffusione del modello cooperativo, un esempio positivo, alternativo al capitalismo agrario e al latifondo altrove dominanti, instradato sulla via della collettivizzazione da lui auspicata.3

Di quelle che sono state ribattezzate le "Celebrazioni Sereniane 2011", poste sotto l'alto patronato del presidente della Repubblica, mi limito qui a ricordare solo le manifestazioni più importanti, rimandando ad altri per una loro narrazione più puntuale:4 una mostra bibliografica, curata da Chiara Visentin, intitolata "Gli 'strumenti' di Emilio Sereni";5 una seconda mostra, "Paesaggi agrari. L'irrinunciabile eredità scientifica di Emilio Sereni", curata da Massimo Quaini e accompagnata da un volume omonimo;6 infine, un convegno internazionale, "La Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni cinquant'anni dopo".7

Quest'ultimo evento ha visto la partecipazione di decine di studiosi, italiani e stranieri, impegnati, a cinquant'anni di distanza dalla pubblicazione della Storia, nella rilettura dell'opera e dell'eredità culturale sereniane. Difficile tracciare in poche righe il bilancio di un convegno complesso e articolato, di cui peraltro sono attesi gli atti definitivi. Quello che sembra emergere preliminarmente è, da un lato, il fatto che la massima opera di Sereni sia ormai percepita essa stessa come una fonte, punto di partenza e termine di confronto imprescindibili nell'analisi paesistica di qualsiasi regione italiana.

Dall'altro lato, è stata sottolineata la modernità del pensiero sereniano, aperto all'interdisciplinarità in anni in cui i settori disciplinari erano spesso compartimenti stagni: basti pensare al valore che, da poliglotta qual era, egli attribuiva alla toponomastica e alla linguistica nella ricerca territoriale. Un pensiero ancora sensibile alla necessità di una prospettiva di lungo periodo in fatto di evoluzione dei quadri ambientali: non a caso, la Storia del paesaggio agrario italiano comincia dal periodo protostorico per arrivare, in pratica, sino all'anno di edizione.

Altro aspetto degno di nota, Sereni palesa una concezione dinamica, e non statica, del paesaggio agrario, trattando dei processi in atto negli anni in cui scriveva (crisi della mezzadria, regressione del paesaggio della "piantata" e della risicoltura a sud del Po) senza toni nostalgici o elegiaci, e soprattutto senza evocare utopici "ritorni al passato", ben consapevole del fatto che si trattava di trasformazioni dipendenti da nuove congiunture storiche ed economico-sociali (all'epoca, l'onda lunga del boom italiano), e come tali inarrestabili, esattamente come quelle prodottesi nei secoli precedenti.8

Ma il punto su cui vorrei soffermarmi di più - un punto, credo, messo in luce almeno implicitamente dal convegno di Gattatico - è costituito dall'attualità del metodo sereniano.

La formazione e l'approccio di Sereni rientravano pienamente nel solco del marxismo e del materialismo storico; per lui, i quadri paesistici rappresentavano anche, e soprattutto, la materializzazione di dinamiche economiche e dei secolari rapporti di forza tra chi la terra la possedeva e chi la terra la lavorava.9 Una simile prospettiva, sino agli anni Settanta ben presente negli studi geografici italiani,10 è successivamente andata declinando in seguito alla fine del comunismo reale, alla regressione del marxismo e alla simultanea ascesa di approcci relativistici e postmodernisti. Di qui la tendenza a definire Sereni "schematico",11 oppure determinista, e di qui, contemporaneamente, l'intenzione di privilegiare una concezione del paesaggio più come costruzione mentale e culturale che come prodotto storico delle interazioni uomo-ambiente.

Ma se è vero che Sereni accentuava troppo una visione "finalistica" e di lotta di classe della storia agraria, destinata secondo lui a vedere alla fine il trionfo delle masse lavoratrici, sono allo stesso tempo interpretabili come eccessi palesi anche un ridimensionamento "spinto" della dimensione economica dei quadri ambientali, oppure, più in generale, la negazione più o meno completa dei condizionamenti imposti dall'ambiente all'agricoltura o all'insediamento umano: come se la vita dell'uomo, specie in società preindustriali, fosse indipendente dal clima, dall'acqua a disposizione, dalla fertilità dei suoli, dalla presenza di aree umide o di boschi.

A cinquant'anni dall'uscita della Storia sereniana, i tempi sono forse maturi per superare, in un'ottica realista, l'opposizione tra determinismo ratzeliano e possibilismo vidaliano-febvriano,12 e per tornare a riconoscere, in fatto di evoluzione del paesaggio, da un lato la centralità dei temi socioeconomici e politici, dall'altro la necessità imprescindibile di ancorare qualsiasi ricostruzione alle fonti (nella loro pluralità) e a concetti quali il nesso causa-effetto o il pensiero logico, elementi questi ultimi ben presenti in Sereni.

Una tale prospettiva - in realtà non innovativa, in quanto pienamente ricompresa nell'alveo della geografia classica, ma ora scevra dal marxismo e più matura rispetto alla critica marxiana - può essere inquadrata nell'ambito del più ampio dibattito culturale internazionale degli ultimi tempi. Questo dibattito ipotizza l'ascesa di un "nuovo realismo", che si oppone al postmodernismo, e che, nato in seno alla filosofia,13 presenta evidenti implicazioni per tutte le discipline.


Note

(1) E. Sereni, Histoire du paysage rural italien, Parigi, René Julliard, 1965 (traduzione francese a cura di L. Gross); E. Sereni, History of the Italian Agricultural Landscape, Princeton, Princeton University Press, 1997 (edizione inglese a cura di R. Burr Litchfield).

(2) Si veda per esempio: Nature and History in Modern Italy, edited by M. Armiero and M. Hall, Athens (Ohio), Ohio University Press, 2010; H. Renes, Grainlands. The landscape of open fields in a European perspective, "Landscape History", 31, 2010, 2, pp. 37-70.

(3) Sereni dedicò alla realtà emiliana uno specifico saggio: E. Sereni, Note per una storia del paesaggio agrario emiliano, in Le campagne emiliane nell'epoca moderna. Saggi e testimonianze, a cura di R. Zangheri, Milano, Feltrinelli, 1957, pp. 27-54.

(4) "Celebrazioni Sereniane 2011" (www.fratellicervi.it/content/view/400); F. Ferretti, The 50th anniversary of The History of the Italian Agricultural Landscape by Emilio Sereni (1961-2011), "AlmaTourism", 2011, 3, pp. 39-40 (almatourism.unibo.it/article/view/2274/1662).

(5) "Gli "strumenti" di Emilio Sereni. Contesti scientifico-letterari per la Storia del paesaggio agrario italiano", Parma, Biblioteca Palatina - Palazzo della Pilotta, 15 ottobre - 13 novembre 2011.

(6) "Paesaggi agrari. L'irrinunciabile eredità scientifica di Emilio Sereni", mostra itinerante inaugurata dapprima a Roma, presso la sede della Società geografica italiana (13 novembre - 27 novembre 2011). Il volume omonimo, curato da M. Quaini con la collaborazione di G. Bonini, C. Cerreti, L. Rossi e C. Visentin, è stato pubblicato da Silvana Editoriale nel 2011.

(7) "La Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni cinquant'anni dopo", convegno internazionale, Gattatico (Reggio Emilia), Istituto Alcide Cervi, Biblioteca-Archivio Emilio Sereni, 10-12 novembre 2011. In attesa della stampa degli atti, i materiali presentati al convegno (relazioni orali e poster) sono raccolti in un DVD omonimo curato dall'Istituto Alcide Cervi, Biblioteca-Archivio Emilio Sereni.

(8) S. Piastra, F. Dallari, Emilio Sereni e i quadri ambientali della pianura emiliana, in Paesaggi agrari. L'irrinunciabile eredità scientifica di Emilio Sereni, a cura di M. Quaini, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2011, pp. 129-136, 149-153.

(9) E. Sereni, Scienza, marxismo, cultura, Milano, Le Edizioni Sociali, 1949.

(10) M. Quaini, Marxismo e geografia, Firenze, La Nuova Italia, 1974.

(11) Si veda per esempio la pagina di Wikipedia dedicata alla voce "Paesaggio agrario" (it.wikipedia.org/wiki/Paesaggio_agrario): certo non un testo scientifico, ma comunque una risorsa di grande diffusione e molto influente, anche nella formazione degli studenti.

(12) I termini della questione sono riassunti in: M. G. Grillotti Di Giacomo, Determinismo e possibilismo nella logica geografica di ieri e di oggi, in Scritti geografici in onore di Aldo Sestini, Firenze, Società di Studi Geografici, 1982, pp. 516-530, e in C. Cerreti, "Determinista" a chi? Determinismi e miti nella geografia italiana, in Ambiente geografico, storia, cultura e società in Italia, atti del Seminario (Roma, 30 maggio 1997), a cura di C. Cerreti e A. Taberini, Città di Castello, CISSG, 1998, pp. 79-86.

(13) M. Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Roma-Bari, Laterza, 2012.

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